Con il Proclama dell'8 febbraio 1848, Carlo Alberto, re di Sardegna, comunicò ai suoi sudditi la decisione di concedere "uno Statuto fondamentale per istabilire nei nostri Stati un compiuto sistema di governo rappresentativo". In 14 articoli egli indicò le "basi" su cui avrebbe fondato il sistema costituzionale (le basi sono ripubblicate nel vostro libro di testo). Il successivo 14 marzo pubblicò lo Statuto.
Potete svolgere qualche osservazione su alcuni articoli delle "basi", e confrontarli con il testo dello Statuto, o anche ricercarne le "origini", nei testi costituzionali ai quali si ispirarono i redattori del Consiglio di Conferenza (ma anche nelle leggi fondamentali del Regno, e nei princìpi cardine del moderno costituzionalismo).
La dottrina di diritto pubblico ha molto dibattuto (e continua a dibattere) sui c.d. "caratteri" dello Statuto albertino, giungendo spesso a conclusioni discordanti. Qualcuno potrebbe provare a riassumere queste posizioni. Naturalmente potete chiedere delucidazioni sugli aspetti meno chiari.
Lo Statuto Albertino, promulgato nel 1848 nel Regno di Sardegna, fu la prima Costituzione dell’Italia unita, dal 1859. Lo Statuto è formato da 84 articoli e, a differenza della nostra Costituzione, è flessibile perché era modificabile attraverso una legge ordinaria: è una carta fondata su principi liberali, come la proprietà privata e la libertà del cittadino; ma non garantisce tutti i diritti sociali. Lo Statuto è stato concesso dal re quindi è accordato dall’alto verso il basso (è espressione della sovranità del sovrano), anche se il re fu costretto ad emanarlo; la Carta rappresenta la prima riforma della monarchia assoluta in senso liberale, attraverso un compromesso tra vecchi e nuovi principi. I nuovi principi sono quelli che derivano dalla Rivoluzione francese e vengono inglobati nello Statuto: libertà religiosa (art.1), uguaglianza di fronte alla legge (art.24), libertà personale (art.26), libertà di domicilio (art.27) e libertà di stampa (art.28). Il principio cardine sul quale si fonda lo stato liberale è la proprietà privata: lo Statuto disciplina l’impresa privata, garantendo il libero mercato e protegge la libera concorrenza: ossia impedisce la violazione dei meccanismi di mercato ed evita le rivolte dei lavoratori. Lo stato liberale dell’800 mantiene l’ordine economico e protegge la proprietà privata anche se vengono posti limiti a questi diritti. La monarchia costituzionale, che si delinea con lo Statuto, ha un regime di governo misto perché il re rappresenta il principio monarchico (capo esecutivo nel rispetto della legge), il senato rappresenta il principio aristocratico mentre la camera dei deputati rappresenta il principio democratico. Il governo così composto crea un regime dualista che vede contrapposta la figura del re, a capo del potere esecutivo, e la camera dei deputati eletta su base censitaria: c’è una contrapposizione tra assolutismo e liberalismo. Oggi l’indebolimento del parlamento è dovuto, tra le altre cause, anche alla caduta dello stato liberale.
RispondiEliminaLo statuto Albertino segna la fine dello stato assoluto proclamando la nascita di un sistema di governo costituzionale moderno. Essa è una charte octroyée, cioè concessa dall'alto per grazia sovrana. Applica il principio della divisione dei poteri di Rousseau, separando il potere legislativo, esecutivo e giudiziario, anche se comunque dipendono dal re.
RispondiEliminaVarie sono le differenze esistenti fra lo Statuto Albertino del 1848 e la costituzione italiana del 1948.
Lo statuto è breve, scritta e flessibile mentre la nostra costituzione è votata e rigida oltre che essere anch'essa scritta. Ognuna rappresenta una diversa forma di stato: lo statuto è espressione di una monarchia mentre la costituzione è espressione di una repubblica democratica.
Non sorprende quindi che nel primo caso si parla di una sovranità appartenente al re (art 5) mentre nel secondo essa appartiene al popolo (art1).
Al capo di stato appartengono funzioni diverse. Lo statuto prevede, sempre all' articolo 5, che questo goda del potere esecutivo, dichiari guerra, abbia il comando delle forze armate e la possibilità di concludere trattati di pace mentre il nostro capo di stato, in forza degli art 83 e 87, comanda la forze armate, dichiara guerra, promulga leggi e soprattutto viene eletto dal popolo.
Il potere legislativo risiede in entrambi i casi nel parlamento, che è di tipo bicamerale, e nello statuto è affiancato dal sovrano (art 3).
Per quanto riguarda gli altri organi, il senato del 1848 è di nomina regia mentre l'attuale è eletto per un periodo di cinque anni.
Per la camera dei deputati, le differenze riguardano solo il tempo di mandato che sono attualmente di cinque anni mentre nel 1848 di sei.
Il potere esecutivo risiede oggi nelle mani del Presidente e del consiglio dei Ministri mentre nello statuto Albertino è di nomina regio come anche il potere giudiziario.
Per quanto riguarda il diritto di voto, esso spetta oggi a tutti i maggiori di 18 anni mentre con lo statuto si può parlare solo di un suffragio ristretto.
Anche la religione di stato èdifferente; stato laico oggi, e stato cattolico ai tempi di Carlo Alberto.
Non sorprende che le due carte si distinguono così tanto visto che sono trascorsi mille anni e le esigenze da tutelare si sono modificate e trasformate nel corso degli anni come anche la forma di stato, e le funzioni di ciascun organo.
Rebecca Lentini
Leggendo “La Costituzione” di Valerio Onida mi sembrava interessante evidenziare alcuni aspetti dello Statuto di Carlo Alberto del 4 Marzo del 1848.
RispondiEliminaLo Statuto Albertino rappresenta la prima Costituzione dello Stato italiano concessa dal re Carlo Alberto al Regno di Sardegna prima dell’unificazione. Lo Statuto presentava quindi l’aspetto della territorialità, mancante nel Codice Civile del 1837. Esso era una costituzione scritta tipica del periodo delle monarchie assolute che erano state trasformate in quelle costituzionali, con l’accoglimento dei principi liberali posti alla base del patto stipulato fra il monarca ed i rappresentanti dei cittadini in Parlamento. Vediamo nello Statuto dunque le influenze delle altre Costituzioni Europee dell’epoca. Inoltre la prassi costituzionale fu segnata fortemente anche dall’esperienza della monarchia parlamentare inglese. In questa il potere regio lasciava ampio spazio ai ministri espressi dalla maggioranza parlamentare. Da qui si evince un’altra importante caratteristica dello Statuto: il fatto che sia una carta concessa dal sovrano, con la quale egli cedeva spontaneamente buona parte dei suoi poteri assoluti. Lo schema di questa costituzione era semplice. Negli articoli di apertura si enunciavano i principi per cui la religione cattolica era la sola religione di Stato, mentre gli altri culti esistenti erano tollerati conformemente alle leggi (art.1). Perciò troviamo la confessionalità dello Stato. Lo Stato era retto da un Governo monarchico rappresentativo, con trono ereditario secondo la legge salica (in favore dei soli eredi maschi) (art.2). Grazie a questo secondo articolo recepiamo un’altra innovazione del testo: la rappresentanza. Inoltre all’art.3 viene specificato che il potere legislativo sarà collettivamente esercitato dal re e dalle due Camere: il Senato e quella dei deputati. A tal proposito si parla di bicameralismo.
Continua.... (Y.C.)
Continua...
RispondiEliminaDall’art.4 al 23 si disciplinava l’istituzione monarchica: al re spettavano il potere esecutivo, il comando delle forze armate, il potere di trattare con gli altri Stati, quello di nominare alle cariche dello Stato, quello di dare il proprio assenso alle leggi votate dalle Camere e di promulgarle, e di emanare i regolamenti, quello di convocare le Camere e di sciogliere quella dei deputati, di concedere garanzia.
Dall’art.24 al 32 iniziava il titolo dei diritti e dei doveri dei cittadini, in cui vi era un catalogo delle libertà: eguaglianza davanti alla legge, libertà dagli arresti arbitrari, del domicilio, della stampa, inviolabilità della proprietà. Ma venivano ignorate quelle che la nostra attuale Costituzione disciplina come libertà collettive (associazione, riunione, sindacale…). Inoltre le libertà individuali non erano specificatamente disciplinate ma affidate essenzialmente alla protezione della legge, approvata dalle Camere. Erano dunque assenti gli odierni diritti sociali.
Dall’art.36 al 64 vi erano le norme sul Parlamento bicamerale:
-Camera dei deputati, eletta con mandato di cinque anni dai collegi elettorali conformemente alla legge;
-Senato regio, composto da un numero indeterminato di membri oltre i quarant’anni, nominati a vita dal re nell’ambito di 21 categorie (cariche religiose, politiche, giudiziarie, amministrative, militari, membri dell’Accademia delle Scienze…).
I poteri delle due Camere erano identici, salva la priorità di quella dei deputati per l’esame delle leggi tributarie e di bilancio. Per questo motivo si parla di bicameralismo perfetto.
Artt.65-67 per la disciplina dei ministri. Essi erano nominati e revocati dal re.
Vengono poi dedicati pochi articoli al potere giudiziario e a quelli locali.
Anche se apparentemente lo Statuto però dava vita ad una monarchia costituzionale, in pratica l’interpretazione che ne uscì fu quella che i ministri dovessero essere scelti da re nell’ambito della maggioranza della Camera elettiva, che quindi determinava la politica dello Stato, sia pure con una buona partecipazione del sovrano. Secondo Valerio Onida, presidente della Corte Costituzionale, però si dovrebbe parlare più di una monarchia parlamentare “all’inglese”, dove il re regna e non governa.
Ylenia Coronas
C'è qualcuno che può dirmi quali argomenti sono stati oggetto della lezione di oggi e se ci sono state comunicazioni di servizio?grazie Monica
RispondiEliminaMonica oggi abbiamo parlato della scuola storica e di Savigny (il professore ha citato le due più importanti opere: Storia del diritto romano nel medioevo e Il sistema del diritto romano attuale, entrambe tradotte in italiano). Per il resto, la settimana prossima le lezioni sono sospese e ricominciano il 2 maggio! :)
RispondiEliminaClaudia
Interessante a mio parere l’art.10” La proposizione delle leggi apparterrà al Re ed a ciascuna delle due Camere. Però ogni legge d’imposizione di tributi, o di approvazione dei bilanci e dei conti dello Stato, sarà presentata prima alla Camera dei Deputati.”,il quale adotta un principio di costituzionalismo inglese “no taxation without rappresentation”. Necessario era il consenso dei rappresentanti del popolo,prima ancora che del senato. Non è l’unico elemento della tradizione inglese che ritroviamo nello Statuto,come evinciamo dagli articoli riguardanti le due camere,si era deciso di adottare un sistema parlamentare “Bicamerale”,come appunto il modello inglese,invece che monocamerale,tipico del sistema francese rivoluzionario. Importante risulta il carattere confessionale dello stato(Art. 1. - La Religione Cattolica, Apostolica e Romana è la sola Religione dello Stato. Gli altri culti ora esistenti sono tollerati conformemente alle leggi.):ma al contrario che nel passato,e alla coeva costituzione del Regno delle due Sicilie,viene sancita la tolleranza delle altre religioni,secondo le leggi.Sicuramente un passo aventi al passato,e non si può fare a meno di notare come questo principio,come altri degli art.24-32,siano le poche traccie di Rivoluzione Francese rimaste.
RispondiEliminaCHIARA MELE
COMMENTO PER INTERO
RispondiEliminaLe prime costituzioni che hanno avuto vigore in Italia furono quelle francesi del periodo rivoluzionario,esportate da Napoleone con il Code Civil,lasciando nella cultura giuridica italiana la loro impronta. CHIARA MELE Ma le basi per un diritto costituzionale italiano verranno gettate nel periodo dei cc.dd “Moti rivoluzionari”,in Italia la prima ondata giunse nel 1820-21 nel Regno delle due Sicilie e in Piemonte ottenendo l’emanazione delle “Costituzione di Cadice”,ma saranno i moti del 1848 a provocare la redazione di numerose costituzioni nel resto dei regni della penisola,fra cui lo Statuto Albertino.Esso diventò la carta costituzionale del nascente Regno d’Italia,mentre le altre furono abrogate subito dopo la fine delle insurrezioni.Per questo vengono denominati anche “Moti Costituzionali”,poiché le richieste avanzate dalla popolazione avevano ad oggetto l’emanazione di una costituzione e l’introduzione di un sistema monarchico rappresentativo,ritenuti gli unici mezzi per tutelare la libertà. Nel Regno di Sardegna,come anche negli altri stati italiani,venne emanato lo Statuto Albertino ,detto octroyeè poiché fu un atto unilaterale del sovrano,un mera concessione,e non il frutto di un assemblea costituente più vicina allo spirito democratico.Il termine ”Statuto” è fondamentale per capirne questa sua natura:sottolinea la distinzione fra questa carta con le costituzioni francesi,il termine “Costituzione” infatti era pericoloso,troppo vicino alla tradizione rivoluzionaria francese.”Statuto”fu ritenuto un termine più consono alla tradizione monarchica sabauda. Non si perviene né all’interno del Proclama di Moncalieri(8 Febbraio 1848) né all’interno dello Statuto(4 Marzo dello stesso anno) vero e proprio ad una affermazione di costituzione rigida o flessibile.L’interpretazione che ha prevalso,il che non suscita alcuna sorpresa,fu la seconda.La Carta infatti è modificabile con legge ordinaria,non essendo prevista una procedura aggravata . Lo Statuto istituisce una monarchia costituzionale “pura”:il sovrano sceglie di auto-limitarsi,condividendo insieme al Parlamento la funzione legislativa,ma in lui si concentra l’esecutivo,e rimane comunque la sovranità preponderante,rispetto alle due Camere(Senato e Camera dei Deputati,l’una di nomina regia,l’altra elettiva).
Viene anche definito costituzione breve,poiché si limita a descrivere la forma istituzionale e ad enunciare alcuni diritti fondamentali,derivanti dalla tradizione francese,senza fare alcun riferimento a norme programmatiche o ad obbiettivi da raggiungere.Si divide in nove parti:una sorta di prefazione generale,”Dei diritti e dei doveri dei cittadini”,”Del Senato”,”Della Camera dei Deputati”,”Disposizioni comuni alle due camere”,”Dei ministri”,”Dell’ordine giudiziario”,”Disposizioni generali” e “Disposizioni transitorie”. Nei primi 23 articoli,si evince la forma istituzionale monarchica a carattere costituzionale puro,in cui gli artt.5,65 e 67 ben evidenziano la figura dominante del monarca,la completa soggezione a lui dei ministri,nei cui confronti sono responsabili .Ma di governo non si parla nello Statuto:viene citatato ,ma è assente una disciplina al riguardo, essendo infatti la responsabilità dei ministri al sovrano frutto di una interpretazione dominante;tale vuoto normativo consentì l’evoluzione del parlamentarismo in Italia per via di prassi. Interessante a mio parere l’art.10” La proposizione delle leggi apparterrà al Re ed a ciascuna delle due Camere. Però ogni legge d’imposizione di tributi, o di approvazione dei bilanci e dei conti dello Stato, sarà presentata prima alla Camera dei Deputati.”,il quale adotta un principio di costituzionalismo inglese “no taxation without rappresentation”. Necessario era il consenso dei rappresentanti del popolo,prima ancora che del Senato. CHIARA MELE
RispondiEliminaNon è l’unico elemento della tradizione inglese che ritroviamo nello Statuto,come evinciamo dagli articoli riguardanti le due camere,si era deciso di adottare un sistema parlamentare “Bicamerale”,come appunto il modello inglese,invece che monocamerale,tipico del sistema francese rivoluzionario. Importante risulta il carattere confessionale dello stato(Art. 1. - La Religione Cattolica, Apostolica e Romana è la sola Religione dello Stato. Gli altri culti ora esistenti sono tollerati conformemente alle leggi.):ma al contrario che nel passato,e alla coeva costituzione del Regno delle due Sicilie,viene sancita la tolleranza delle altre religioni,secondo le leggi.Sicuramente un passo aventi al passato,e non si può fare a meno di notare come questo principio,come altri degli art.24-32,siano le poche traccie di Rivoluzione Francese rimaste.
RispondiEliminaCHIARA MELE
Scusate il caos,ma il blog mi ha cancellato le prime parti dell'intervento.
Lo Statuto Albertino fu emanato dal re di Sardegna Carlo Alberto come "Legge fondamentale e irrevocabile", il 4 marzo del 1848.
RispondiEliminaQuesto sostituiva l'ordinamento monarchico-costituzionale alla monarchia assoluta presente nello Stato piemontese, e- con la formazione del Regno d'Italia (1861)- divenne la legge fondamentale del nuovo Stato, fino al primo gennaio del 1948, giorno in cui fu proclamata la Costituzione della Repubblica italiana. Come altre Carte costituzionali che l'avevano preceduto, anche lo Statuto Albertino condivide con esse la necessità della divisione dei poteri che, in quello che era stato chiamato "ancién Régime", erano esercitati personalmente dal sovrano. Di fatto, l'accettazione della separazione dei poteri trasformava la Monarchia da assoluta in Costituzionale, rispettosa appunto di una Costituzione che regoli la vita dello Stato. Lo Statuto Albertino ha poi delle sue specifiche caratteristiche: anzitutto, i tre poteri- pur affidati a tre organi diversi- devono tuttavia dipendere dal re al quale è riconosciuto un ruolo centrale.
Il potere legislativo compete al sovrano e- insieme- al Parlamento; quest'ultimo, bicamerale, è composto dal Senato (i cui membri sono nominati a vita dal Sovrano) e dalla Camera dei Deputati ( i cui membri sono eletti da un corpo elettorale ristretto). Il potere esecutivo è attribuito al sovrano che dunque ha la facoltà di nominare e revocare i ministri. Il potere giudiziario è esercitato dalla Magistratura: un corpo di funzionari di nomina regia e revocabili.
Possiamo classificare lo Statuto nella famiglia di quelle Costituzioni definite: concesse, brevi e flessibili. Concessa: è unilateralmente concessa dal sovrano: non è frutto pertanto del lavoro di un'assemblea costituente eletta dal popolo. Breve: è composto da un limitato numero di articoli (81) e, riconoscendo formalmente l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, si limita ad elencare le principali libertà individuali senza espletarle.
Flessibile: la sua modifica può avvenire tramite una legge ordinaria, senza bisogno di un particolare procedimento.
Nonostante incrinature e tentennamenti nel mantenere un congruo equilibrio tra gli organi istituzionali, il primo Stato parlamentare sabaudo fu caratterizzato da una legislazione organica tendente a superare usi e consuetudini consolidati nel tempo e che avrebbero dovuto progressivamente adeguarsi alla nuova politica inaugurata dall'introduzione dello Statuto.
CONFRONTO TRA LO STATUTO ALBERTINO(1848) e LA CARTA FRANCESE (1814)
RispondiEliminaL'8 febbraio del 1848, Carlo Alberto, Re di Sardegna già dal 1831, davanti al Consiglio di Conferenza, aprì la discussione con queste parole: “ Sono 17 anni che regno e modello il mio governo sulle necessità dei tempi. Ho dovuto, nel ’33 infierire rigorosamente contro le mene rivoluzionarie; e quando la pace è stata ristabilita, ho riformato le diverse legislazioni dei miei stati. Ma da un anno a questa parte, in mezzo all’agitazione che si è impadronita degli spiriti, le tendenze verso la libertà si accentuato ogni giorno di più. Vi ho riunito in Consiglio per discuterle insieme con voi. Non vi chiedo che due cose: mantenete intatta l’autorità della nostra santa religione e tenete conto della dignità del Paese”.
In quell’anno di travagli e di conquiste, davanti alla spinta irresistibile del fronte liberale, l’amletico atteggiamento del re sabaudo si sciolse in una soluzione coraggiosa, ma ineluttabile. Un mese dopo, il 4 marzo del 1848, viene concesso lo STATUTO, dove nel cui preambolo si proclamava la volontà del Sovrano di conformare le sorti dei sudditi alla ragione dei tempi, agli interessi e alla dignità della Nazione; si considerano le larghe e forti istituzioni rappresentative come il mezzo più sicuro per raddoppiare i vincoli di indissolubile affetto tra la Corona e il popolo che tante prove aveva già dato di fedeltà, di obbedienza e di amore. Il preambolo si chiude con una solenne dichiarazione in cui si definisce lo Statuto legge fondamentale, perfetta e irrevocabile della monarchia.
Il testo dello Statuto fu redatto in francese che era ancora la lingua in uso presso la Corte e fu preparato dal Consiglio di Conferenza nello spazio di circa un mese, in cinque lunghe sedute sotto la presidenza dello stesso re, che, però, raramente intervenne nelle discussioni. La carta costituzionale albertiana è del tipo delle costituzioni cosiddette ottriate (dal francese octroyée = graziosa concessione) in quanto viene elargita dal sovrano al popolo come concessione propria e non votata dal popolo stesso con libera scelta dei principi informatori e delle norme fondamentali.
(continua)
Nella compilazione dello Statuto gli estensori tennero certamente sott’occhio le tre ultime costituzioni più aderenti alle esigenze delle masse, comunque contemperate dal desiderio di non allargare pericolosamente i limiti imposti non solo dagli interessi della Corona, ma anche di quegli stessi liberali che spinsero il re a mutare le basi dello Stato. Si trattava della Costituzione del 1814 , concessa ai Francesi da Luigi XVIII, dopo il definitivo tramonto della stella napoleonica; della Costituzione del 1830, giurata da Luigi Filippo d’Orleans, dopo la cacciata di Carlo X dal secolare trono dei Borboni, della Costituzione del 1831, promulgata in occasione della formazione del nuovo Regno del Belgio.
RispondiEliminaPer quanto riguarda il richiamo alle carte costituzionali precedenti possiamo prendere in considerazione la Charte del 1814 che Luigi XVIII di Borbone concesse al popolo francese, che venne redatta da una commissione di giuristi, nella quale si definirono i diritti fondamentali dei cittadini e si delineò il nuovo ordine politico della Francia. A differenza delle costituzioni dell'età rivoluzionaria, che erano sorte da assemblee rappresentative del popolo e riconoscevano solennemente diritti oggettivi e inviolabili dei cittadini, la Charte è octroyee (come lo Statuto Albertino), cioè concessa per libera e volontaria scelta del sovrano: essa è frutto di un atto di liberalità del re e non trova il proprio fondamento in un diritto della nazione, ecco qui il richiamo evidente a cui Carlo Alberto fa riferimento. La Charte è assai moderata: essa si presenta come un tentativo di compromesso tra i vecchi principi monarchici e aristocratici e i nuovi valori emersi dalla cultura illuministica e in parte fatti propri dalla Rivoluzione. Espliciti, nel testo, sono i richiami da un alto alla “saggezza dei re” e alla “autorità che risiede nella sua persona” e dall'altro al “voto dei popoli” e agli “effetti crescenti dei lumi”.
(continua)
CONFRONTI DIRETTI TRA LE DUE COSTITUZIONI
RispondiEliminaSul piano dei diritti fondamentali la Costituzione Francese fa proprie alcune importanti conquiste del secolo precedente, quali:
1.l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, quale che siano i loro titoli o il loro rango (art.1), uguaglianza che ritroviamo in pieno nell'art.24 dello Statuto, in quest'ultimo vediamo anche il riconoscimento dei diritti civili e politici e l'ammissibilità alle cariche civili e militari, salve le eccezioni determinate dalle leggi (ammissibilità che si ritrova nell'art 3 della Carta francese);
2.l'obbligo di contribuzione alle imposizioni dello Stato, in proporzione ai beni (art.2), esplicitato così anche nell'art. 25 dello Statuto;
3. la garanzia della libertà individuale, secondo cui infatti nessuno può essere arrestato o posto sotto accusa, se non nei casi previsti dalla legge, libertà garantita anche nello Statuto all'art.26;
4.il riconoscimento della religione cattolica, apostolica e romana come religione di stato (art.6), riconoscimento sancito così all'art.1 dello Statuto, dove vediamo che gli altri culti esistenti sono tollerati conformemente alle leggi, limite in qualche modo non ravvisabile nella Carta Francese in quanto all'art. 5 è sancita la libertà di professione religiosa;
5.la libertà di stampa, che viene limitata dalle legge solo in casi di abusi (art.8), libertà sancita all'art.28 dello Statuto, articolo che inoltre pone un limite per quanto riguarda la stampa di bibbie, catechismi e libri liturgici e di preghiere, che possono essere stampati solo con il permesso del vescovo;
6.il diritto di proprietà definito inviolabile,esteso anche ai beni nazionalizzati durante la Rivoluzione(art.9), diritto che può essere sacrificato solo per motivi d'interesse pubblico, previo indennità (art.10), diritto ripreso in pieno nell'art 29 dello Statuto;
(continua)
Sul piano istituzionale:
RispondiEliminala Costituzione Francese recupera la centralità della figura del sovrano, la cui volontà si impone su tutti i poteri (la persona del Re è sacra e inviolabile (art.13); il re nomina i membri della Camera dei Pari (art.27) e ha l'iniziativa legislativa collettivamente con la Camera dei Pari e con quella dei Deputati, è esclusivo titolare del potere esecutivo e i ministri sono responsabili solo dinanzi a lui (art. 13) ed infine nomina i giudici. Accanto alla Camera dei Pari (che rappresenta gli interessi dell'alta aristocrazia) vi è la Camera dei Deputati eletta a suffragio censitario (essendo il censo assai alto, rappresenta gli interessi dei ceti più abbienti): il Parlamento per tanto non rappresenta il Paese reale- povero e contadino- ma solo un'élite aristocratica e borghese assai abbiente.
nello Statuto Albertino al vertice delle gerarchie statali rimaneva il re (la persona del re era sacra ed inviolabile (art. 4)) nel quale lo stato necessariamente s’impersonava in quanto nessuna legge si poteva erogare senza la sua approvazione, né poteva costituirsi governo i cui ministri non fossero da lui nominati. Lo Statuto accoglie il principio della divisione dei poteri, ma attribuisce al sovrano ampie possibilità di controllo in ambito legislativo, esecutivo e giudiziario.
Il potere legislativo era assolto dal re e dalle Camere (art.3): il Senato e la Camera dei Deputati. Il Senato era di nomina reale: i suoi membri venivano eletti dalle categorie socialmente più elevate ed avevano dignità maggiore di quelli della seconda Camera. I Deputati erano eletti dal popolo con sistema elettorale non enunciato nello Statuto e quindi spesse volte cambiato nel giro di un secolo, a seconda delle mutevoli condizioni storiche del Paese. La Camera dei Deputati era eletta ogni cinque anni, ma il re poteva deciderne lo scioglimento di propria iniziativa convocandone un’altra nel termine di quattro mesi (art. 9).
Il potere esecutivo è interamente attribuito al Re e i Ministri, che sono nominati e revocati dallo stesso, sono responsabili di fronte a lui e non nei confronti delle Camere. Lo Statuto in questo modo non prevede che il governo goda della fiducia delle Camere, essendogli sufficiente il sostegno del re.
Per quanto riguarda il potere giudiziario la giustizia emana dal Re, ed è amministrata in suo nome dai giudici ch'egli istituisce.
Nel complesso lo Statuto si presentò come un’abile compromesso tra l’assolutismo regio, timoroso di ogni spinta rivoluzionaria e le esigenze di una borghesia illuminata che desiderava l’attuazione di alcune libertà politiche senza promuovere, però, modificazioni profonde nel tessuto sociale della Nazione.
Valeria Nardi