Il Corso di Storia delle Codificazioni Moderne 2011
Attraverso questo blog il nostro corso vi offre la possibilità di porre domande, presentare le vostre riflessioni, approfondire i temi che vi interessano.
Gli studenti che intendono iscriversi come frequentanti al corso, devono lasciare sul blog, entro la fine della settimana, il loro nome, cognome e indirizzo di posta elettronica.
Azzecca-garbugli è l'avvocato di Lecco,descritto dal Manzoni nel I PROMESSI SPOSI,chiamato così dai popolani per la sua capacità di sottrarre dai guai, non del tutto onestamente, le persone.Questo personaggio è caratterizzato anche dal fatto che preferisce stare dalla parte del più forte, per evitare una brutta fine.Il Manzoni lo descrive come un uomo apparentemente di legge molto erudito, nel suo studio è presente una notevole quantità di libri che tiene più come elementi decorativi che come materiale di studio, poichè in realtà non li consultava.Questa descrizione del Manzoni mette in luce una connotazione negativa e allo stesso tempo ridicola dell'avvocato.
Non pensate che non sia un caso che Manzoni descriva il personaggio dell'avvocato Azzeccagarbugli facendolo rivolgere a Renzo,rappresentante di un ceto sociale più basso, con espressioni come "a saper ben maneggiare le gride, nessuno è reo e nessuno è innocente", ma che si potrebbe riconoscere in questo passo un accenno alla crisi del diritto comune come diritto diventato ormai di ampia interpretazione da parte di giudici e avvocati?
La diffusione della stampa a caratteri mobili per opera di Gutenberg ha mutato radicalmente l'impatto sulla società dei testi scritti, determinando il loro effettivo ingresso nel mercato e la loro circolazione, decisiva e fondamentale soprattutto all'interno del mondo giuridico. In questo modo il privilegio di possedere una propria biblioteca cui attingere, fino ad allora appannaggio di pochissimi, dati il costo spropositato ed il tempo impiegato di volta in volta per la copia di un'opera,è andato sempre più "democratizzandosi", consentendo ad un pubblico sempre più vasto di conoscere opere di cui esistevano al tempo pochissime copie, sovente anche difficili da reperire. Come accennato a lezione ciò ha consentito di far conoscer meglio le fonti normative (esempio ne è la pubblicazione nel 1537 della “Lombarda”), ed al contempo ha permesso una maggior certezza del diritto, evitando interpolazioni e manomissioni dei testi, che, di fatto, una volta stampati erano finalmente in grado di circolare in copie uguali ed indistinte. Tra gli effetti della diffusione della stampa anche quello della formazione di una nuova categoria di operatori, i collaboratori editoriali (fra cui ad es. Roffredo da Benevento, Odofredo, Iacopo d’Arena, Raniero Arrendi, Luca da Penne, etc), i quali non erano propriamente dei giuristi, ma si affiancavano all’editore, aiutandolo ed indirizzandone l’operato, nel senso della scelta dei testi da pubblicare, consentendo in questo modo anche ad opere antiche e minori di tornare alla luce e di uscire dall’oblio in cui erano cadute. L’opera di tali collaboratori non si limitava ad un mero suggerimento all’editore su quale testo stampare o meno: essi corredavano i testi di note di aggiornamento (“adnotationes”), le quali avevano come scopo precipuo quello di adattare e rendere attuali opere di diritto comune risalenti di secoli. Purtroppo costoro non sempre sono stati scrupolosi e spesso sono anch’essi caduti in errore, mandando in stampa opere attribuite all’autore sbagliato o peggio ancora titoli inventati o mal riportati (es. Bonifacio Vitalini ed il suo “Tractatus de maleficiis”). Si è trattato dunque di una diffusione quantitativamente imponente, ma qualitativamente non di rado carente; ma ciò che rileva, a mio modestissimo parere, è pur sempre che vi sia stata una diffusione, che ha mutato profondamente il modus operandi del giurista, consentendogli di attingere ad un’inimmaginabile fino ad allora pluralità di fonti per la soluzione di controversie e situazioni concrete. Tale cambiamento ha prodotto delle conseguenze anche sulla figura e sull’immagine degli avvocati del tempo, immagine emblematica è appunto quella dell’avvocato Azzeccagarbugli, descritto dal Manzoni come un personaggio quasi comico, deformazione dell’uomo di legge e di cultura, che affida il proprio successo agli artifici verbali e rituali di una sorta di ciarlatano; nelle parole di Agnese, egli è “una cima d’uomo”, cui occorre portar quattro capponi poichè “non bisogna mai andar con le mani vote da que’ signori”, in grado di dire su due piedi cose che ai comuni non verrebbero in testa, nemmeno a pensarci un anno. Emblematica è la descrizione che il Manzoni fa dello studio dell’avvocato come di “uno stanzone, su tre pareti del quale eran distribuiti i ritratti de’ dodici Cesari; la quarta, coperta da un grande scaffale di libri vecchi e polverosi: nel mezzo una tavola gremita d’allegazioni, di suppliche, di libelli, di gride….” continua
E della scena che fa l’avvocato, rispondendo al povero Renzo: “Caso serio figliuolo, caso contemplato. E’ un caso chiaro, contemplato in cento gride, e…appunto in una dell’anno scorso, dell’attuale signor governatore. Ora vi fo vedere e toccar con mano”. Proprio in questa risposta si riassume la conoscenza che l’avvocato pare e mostra di avere del caso attraverso decisioni simili, di cui ha a disposizione copia stampata, da sventolare agli occhi dell’ingenuo Renzo. Analogo è quanto emerge dalle parole del Muratori: gli avvocati sono “sperti nel maneggio delle leggi, e pescatori di quelle ragioni, che possono assistere a chi s’appoggia al loro patrocinio.” Il Muratori cita poi l’onestà e l’importanza dell’attività dei trattatisti e dei consulenti, non senza sottolineare quanto al tempo ormai si desse più importanza alle decisioni che alle leggi stesse: “Senza dubbio maggiore stima è dovuta, nel regno della scienza legale, a i trattatisti, siccome gente non venale, e che per lo più con amore alla verità e giustizia sogliono trattare qualunque quistione, che appartenga al loro argomento, ed onoratamente schierarsi da quella banda, dove più credono trovarsi la ragione. Ne si credesse già, che impresa mirabile fosse il comporre uno di questi libri. Basta raccogliere quanto han detto tanti altri con varie o contrarie opinioni, e aderire ora ad una, ed ora ad un’altra: ed ecco in piedi l’edilizio. Il che dico io senza intenzion di pregiudicare ad alcuni eccellenti giurisconsulti, che con gran pesatezza di ragioni e fondamenti legali han compilato i loro trattati. Maggiore rispetto ancora esigono e meritano le decisioni nelle cause particolari, massimamente le provenienti da i più riguardevoli corpi collegiali. Ma per le ragioni altrove accennate, cioè per le contrarietà ed istabilità delle opinioni, che da i consulenti e ripetenti son passate ne i trattati, e nelle decisioni stesse, seguita tuttavia la confusione, trovando ogni avvocato in quella gran copia di libri, di che fortificar le pretensioni de’ suoi clienti. Il peggio è, che siam giunti a mirare, farsi più conto di queste decisioni, e de’ pareri de’ moderni dottori, che delle leggi stesse;” (CAPITOLO VIII, De’ pregi e difetti degli avvocati e d’altri ministri della giurisprudenza). Da ultimo, la mia mente non può non andare agli avvocati ritratti da Honoré Daumier (conosciuti grazie al prof. Gary Watt, lo scorso anno!). Colgo infine l’occasione per ringraziare Eleonora Fardellotti per aver indicato il link su Ludovico Antonio Muratori, è stata preziosissima, visto il problema che in biblioteca spesso e volentieri l’unica copia a disposizione di un’opera è o già in prestito o momentaneamente non disponibile!
Di seguito il mio contatto mail manciniflavia@hotmail.it
MURATORI VS AZZECCAGARBUGLI Muratori fu un protagonista di spicco della vita culturale europea. Studioso infaticabile e operoso fino alla morte, impresse una scossa, un rinnovamento al mondo intellettuale degli inizi del ‘700.Laureatosi in giurisprudenza senza però che gli studi giuridici gli avessero acceso alcuna passione,divise la sua vita tra l’impegno sacerdotale,i libri,i documenti antichi e le occupazioni letterarie.Nel 1742 usciva il trattato "Dei difetti della giurisprudenza",realizzato per lanciare un sasso: scritto in italiano e accompagnato da una lettera dedicatoria a Benedetto XIV(eletto Papa nel 1740),si rivolgeva direttamente all’opinione pubblica per denunciare i mali della giustizia,individuati nella proliferazione incontrollata delle opinioni degli interpreti,nella incertezza delle regole, nella lunghezza dei processi e,in definitiva, nell’arbitrarietà con cui il diritto veniva amministrato.Con tale opera,inoltre,Muratori proponeva come rimedio a questa situazione, l’intervento del sovrano affinché decidesse almeno le più frequenti controversie dubbie raccogliendo le relative soluzioni normative in un “codice”.Nella prima parte del trattato Muratori sferra un attacco contro la selva degli interpreti,continuamente discordi tra loro eppure assunti come oracoli per decidere le controversie,e contro i giudici,accusati di rendere le sentenze secondo la borsa o lo status degli interessati,secondo i rapporti di amicizia o di conoscenza o magari a caso. Muratori auspica allora l’intervento del sovrano,sia nell’apprestare un codice(nel senso in cui si è detto),sia nel reclutare i giudici, insistendo sulla necessità che siano soprattutto dei timorati di Dio,affinché agiscano con coscienza pura. Muratori denuncia quindi un sistema che non funziona,macchiato dalla confusione e dalla corruzione.Cosa simile fa Manzoni ne "IPromessi Sposi".Attraverso la descrizione del dottor Azzeccagarbugli,infatti,ci fornisce una descrizione negativa e ridicola della figura dell’avvocato. Azzeccagarbugli è un leguleio da strapazzo ma abile ad ordire garbugli per imbrogliare cose e persone. Viene chiamato così dai popolani per la sua capacità di sottrarre dai guai,non del tutto onestamente,le persone.Porta una toga che funge da veste da camera e ha un bel naso rosso,sintomo del vizietto del bere.Ha inoltre una forte propensione a scegliere la strada più facile.Spesso e volentieri,infatti,aiuta i Bravi, poiché, come Don Abbondio, preferisce stare dalla parte del più forte. Lo sappiamo: l’apparenza inganna! La quantità notevole di libri (polverosi) presenti nel suo studio e la scrivania cosparsa di “scartoffie”, ce lo fanno immaginare come un uomo assai erudito. In realtà i libri fungono più da elementi decorativi che da materiale di studio!
-Rapporto tra A. Manzoni e la giustizia: Nei Promessi Sposi Manzoni pone l'attenzione e la critica alla giustizia del '600. Nei primi 6 capitoli dell'opera viene nominata la giustizia, e messa in luce sotto il suo aspetto negativo. E' un romanzo nel quale egli riflette quella che era la situazione politico-culturale dell'epoca. L'Italia è sotto il dominio spagnolo, e nei diversi comuni la giustizia era piuttosto arbitraria, ed era nelle mani dei più potenti. Le vittime di questo sistema erano i più bisognosi. In particolare nel III capitolo si può scorgere quella che molto probabilmente era la quotidianità della "giustizia dell'epoca". In questo capitolo Manzoni descrive la figura di un avvocato, Azzeccagarbugli. E quando Renzo si reca presso l'avvocato per trovare soluzione al suo problema, abbiamo due reazioni da parte di Azzeccagarbugli: a) Crede che Renzo sia uno dei bravi, e quindi è ben disposto ad aiutarlo. Tant'è che nella sua stanza (con un tavolo al centro ricoperto di allegazioni, suppliche, libelli, grida...e qui si nota come a quell'epoca gli avvocati ricorressero ad innumerevoli fonti per risolvere i casi che gli si proponevano.)Azzeccargabugli è ben lieto di annunciare che ha la soluzione, con una "grida fresca", e legge il documento: << [...] E cominciando dagli atti tirannici, mostrando l'esperienza che molti, così nelle Città, come nelle Ville, di questo Stato, con tirannide esercitano concussioni et opprimono i più deboli in varii modi, come in operare che si facciano contratti violenti di compre, d'affitti... che seguano o non seguano matrimonii [...] et altre simili violenze, quali seguono da feudatarii, nobili, mediocri, vili, et plebei [...], ordina e comanda che contra li contravventori in qualsivoglia dei suddetti capi, o altro simile, si proceda da tutti li giudici ordinarii di questo Stato a pena pecuniaria e corporale, ancora di relegatione o di galera, e fino alla morte, all'arbitrio dell'Eccellenza Sua, o del Senato, secondo la qualità dei casi, persone e circostanze.>> Da questa lettura egli sa come aiutare Renzo,ma b)quando scopre che è una vittima, lo caccia di malo modo. Azzeccagrbugli è servo del potere e del suo amico don Rodrigo. Ed è proprio qui che viene in risalto come la giustizia era gestita dai "signorotti locali", i quali governavano attraverso le grida, ed erano protetti dai bravi, i quali si ponevano anch'essi al di sopra della legge. Quindi si evince come le istituzioni non negavano le leggi o le punizioni, ma erano gestite in modo arbitrario. Manzoni denuncia una società aristocratico-feudale, dove non c'è il cittadino e la necessità di dare una garanzia a questi, ma ci sono solo sudditi. C'è un pessimismo giuridico; la società è retta da una "ingiustizia organizzata". Azzeccagarbugli è al servizio di questa ingiustizia, e questo anche perchè manca un potere statale fondato su un sicuro sitema di leggi che si imponga ai nobili, e alla loro tendenza a non sottostare all'autorità dello stato. Manzoni vuole una società dove tutti sono uguali, con gli stessi diritti e doveri, dove c'è l'abolizione dei privilegi che causano un potere dispotico e anarchico allo stesso tempo.
LA FIGURA DELL'AZZECCAGARBUGLI questo personaggio denominato come il "trovaimbrogli" ha parlato molto poco di se nel romanzo di Manzoni,ma è introdotto da una reputazione colorita e interessante. Riflette in pieno la concezione che Manzoni ha della figura dell'avvocato e più in generale della giustizia del 600'. Infatti apparentemente l'azzeccagarbugli è un uomo di legge molto erudito, nel suo studio è presente una notevole quantità di libri che tiene più come elementi decorativi che come materiale di studio. Il suo tavolo invece è cosparso di fogli che impressionavano gli abitanti del paese che vi si recavano. In realtà non consulta libri da molti anni addietro, quando andava a Milano per qualche causa d'importanza.Fisicamente è definito da Manzoni come un uomo di media età, alto, asciutto, pelato, col naso rosso ed una voglia di lampone sul viso, noto simbolo del vizio del bere. Porta una toga che funge da veste da camera. Questa descrizione mette in luce una connotazione negativa e allo stesso tempo ridicola dell'avvocato. Durante il colloquio con Renzo c'è poi una frase che rende bene la bassa levatura morale dell'avvocato :egli dice "all'avvocato bisogna raccontare le cose chiare e a noi tocca poi imbrogliarle". Mette in luce poi tutta la sua viltà appena Renzo nomina Don Rodrigo, cacciando il giovane dal proprio studio: Manzoni sottolinea infatti come l'avvocato preferisca di gran lunga star dalla parte dei forti,più che prendere le difese della parte lesa.
La figura di Azzeccagarbugli : e' un avvocato trasandato dall'animo un pò meschino, al servizio dei potenti, e per questo nella storia è un aiutante dell'antagonista (don Rodrigo). Simboleggia la manipolazione della legge e la difesa dei singoli potenti. Ci viene descritto nel III capitolo, in cui si affronta il problema della società civile : la Giustizia. Azzeccagarbugli è un miserabile, e Manzoni ce lo fa capire soprattutto descrivendoci ciò che lo circonda e il suo comportamento, da cui trapela la sua miseria morale.
Nel poema manzoniano uno dei temi percorsi dall'autore e' quello della giustizia(o forse meglio dell'ingiustizia) nel 1600.Sin dalle primissime pagine dell'opera il Manzoni ci presenta una societa' violenta, dove le questioni, per dirla con Don Abbondio "non si discutono in termini di torto o ragione, ma in termini di forza". In particolare,nel capitolo terzo viene introdotta la figura apparentemente marginale dell'Azzeccagarbugli..dico apparentemente, perche' in realta' proprio attraverso questo personaggio ci e' permesso di capire la drammatica situazione che avvolgeva il sistema giudiziario dell'epoca..Il rifiuto dell' avvocato alla richiesta di aiuto da parte di Renzo, non appena il primo ha scoperto che dietro tutta la faccenda espostagli dal popolano c'era un uomo cosi' potente quale Don Rodrigo, ci fa capire come anche gli uomini che erano chiamati a servire e garantire la legalita' furono piegati al servizio della meschinita'..Cio' che interessava all' Azzeccagarbugli era solo di assicurarsi il favore di Don Rodrigo e dei signorotti come lui..e di ottenere un posto alla loro tavola..non importa se per questo egli doveva calpestare i valori di cui avrebbe dovuto essere il protettore.Possiamo notare la grande abilita' dell'autore,il quale non offre apertamente il suo giudizio ma attraverso la descrizione dell'aspetto fisico ma anche dello studio dell'avvocato ci fa capire la sua miseria morale indubbiamente da condannare.
PER GLI STUDENTI: Volevo informarvi che il capitolo VII del testo, indicato dal professore, su "Illuminismo e Diritto", è disponibile presso la copisteria ad angolo vicino a libropoli, a cui abbiamo lasciato una copia per eventuali fotocopie.
Brava Eleonora,è una bella iniziativa. Così si può creare una base comune di partenza per una discussione. Almeno per gli "illuministi" del gruppo. Tenete presente che a questo tema saranno dedicate le lezioni della prossima settimana. PS Ricordate che sabato si chiudono le iscrizioni al gruppo dei frequentanti
Nel clima illuministico di riforma troviamo grandi innovazioni in campo giuridico,ideologico e ,di conseguenza dall'applicazione di quest' ultime, sociale. Per esempio per quanto riguarda il diritto penale una importante testimonianza al riguardo è l'opera 'Dei delitti e delle pene' (1764) di Cesare Beccaria, ove l'autore propone l'adeguamento della pena in base alla pericolosità sociale e l'abolizione della pena di morte. L'opera ebbe una grande diffusione ed a soli due anni di distanza dall'uscita della prima edizione italiana, il frontespizio di un'edizione uscita ad Haarlem nei Paesi Bassi, riportava un'immagine alquanto significativa. Si tratta di un'allegoria della 'Giustizia' rappresentata da una figura femminile che rifiuta la violenza dei giustizieri.Di fronte alla donna vediamo un uomo con in una mano una spada, e nell'altra tre teste di uomini condannati. La 'Giustizia' di fronte a quest'offerta guarda altrove ed alza le mani come per allontanare lo scempio di una simile crudeltà. Con l'eliminazione della tortura fra i mezzi per ottenere prove nel processo e la nuova definizione di 'delitto', che trova ragion d'essere solo nei casi di effettivi danni alla società od ai suoi membri, si giunge ad una grandissima svolta in merito alla libertà personale,specialmente quella d'espressione. Basti pensare all'eresia,fenomeno che sin dall'antichità le autorità politiche ed ecclesiastiche hanno voluto condannare(dall'eresia ariana a quella luterana).
"(...)Il saggio Galileo diede un'occhiata al cielo e disse: "Nella Genesi non c'è nulla di vero!"Bel coraggio! Non è cosa da poco:oggi queste eresie si diffondono come malattie.Che resta , se si cambia la Scrittura? (...) Se certe idee fan presa,gente mia,cosa può capitare?Non ci saranno più chierici alla messa,le serve il letto non vorran più fare...Brutta storia! Non è cosa da poco:il libero pensiero è attaccaticcio come un'epidemia.Dolce è la vita,l'uomo irragionevole,e tanto per cambiare far quel che ci talenta è assai piacevole!(...)"
"(...) -Galileo:Ho terminato i "Discorsi". -Andrea: Che? I "Discorsi su due nuove scienze:la meccanica e la caduta dei gravi"?Qui? -Galileo: Oh, mi concedono l'uso di carta e penna. I miei superiori non sono degli sciocchi:sanno che i vizi radicati non si abbandonano da un momento all'altro. E mi proteggono da ogni spiacevole conseguenza col farsi consegnare ogni pagina che scrivo. -Andrea: Dio mio! (...)" Bertold Brecht, 'Vita di Galileo' (drammatizzazione in quindici scene della carriera del grande scienziato toscano Galileo Galilei)
Sicuramente è anche grazie a questo tipo di evoluzione(dall'eresia alla libertà d'espressione,dall'eccessiva violenza nel sistema giudiziario all'abolizione della pena di morte)che trovano riconoscimento le riflessioni di grandi scrittori come Manzoni e Boccaccio. Manzoni che nell'opera 'I promessi sposi' ci descrive ironicamente la figura dell'avvocato 'Azzecca-garbugli',un uomo tanto conosciuto ed ammirato dal popolo che è in realtà incompetente ed affetto dai malcostumi (come quello del bere). Con Boccaccio invece,troviamo nel 'Decameron', un passaggio in cui l'autore evidenzia l'ideologia meritocratica. In un semplice dialogo tra i due personaggi,il giureconsulto Forese da Rabatta ed il prestigioso pittore Giotto,dimostra come non sia la posizione sociale a qualificare l'intelligenza di un uomo. Infatti nonostante il pittore sia considerato inferiore perché,pur essendo un intellettuale,lavora manualmente e viene dunque accomunato ai lavoratori 'meccanici', il personaggio di Giotto riesce a ridurre in silenzio Forese rispondendo ai suoi attacchi e dimostrandogli i suoi errori.
Possiamo quindi concludere, sottolineando nuovamente la grandezza e l'enorme impatto che le idee illuministiche e letterarie in generale ,hanno avuto sulla società e sulle regole comportamentali che oggi la disciplinano.
E' indubbio che le radici politiche e culturali del moderno diritto penale possano rinvenirsi nel pensiero illuminista, che per un verso, ha posto quelle basi e quei principi fondamentali che ancora oggi caratterizzano il nostro sistema penale, per altro verso, ha stabilito una svolta rispetto al sistema dell'Ancién Régime. Fino alla metà del XVIII sec. infatti, non può riconoscersi un sistema dei delitti e delle pene chiaro ed omogeneo, sotto i profili della certezza della definizione normativa, dell'apprestamento di adeguati strumenti processuali, o dal punto di vista sanzionatorio. L'assenza di reati normativamente definiti con certezza (a fronte del primato di fonti principali come la consuetudine e la discrezionalità dell'organo giudicante), accanto all'arbitrio e alla brutalità che contrassegnavano l'esecuzione delle pene, delineavano un'irrazionalità che cominciò ad essere contrastata da un diritto naturale, volto a sganciarsi dalla classica concezione retributiva e morale del "Punitur quia peccatum est", secondo il principio della restitutio iuris. In Italia questi germogli fioriscono con Cesare Beccaria, il quale nell'opera "Dei delitti e delle pene", afferma non solo la necessità di proporzionare la pena al delitto commesso (un delitto la cui misura è il "danno fatto alla Nazione", e che viene privato di qualsiasi connotazione morale), ma anche la necessità di ancorare a leggi sicure e certe la previsione dei delitti e l'individuazione delle pene, secondo uno schema utilitaristico e razionale ("perché ogni pena non sia la violenza di uno o di molti contro un privato cittadino, dev'essere essenzialmente pubblica, pronta, necessaria, la minima delle possibili nelle date circostanze, proporzionata 'a delitti, dettata dalle Leggi"). Beccaria non si riferisce a quegli "avanzi di leggi di un antico popolo conquistatore (...) frammischiate poscia co' riti longobardi", ma ad un sistema di tipo garantistico che permetta di realizzare quello che viene definito come fine principale della legislazione, ossia la prevenzione dei delitti stessi ("è meglio prevenire i delitti che punirgli"), tramite le Scienze, ossia facendo sì che i lumi accompagnino le libertà ("un uomo illuminato è il dono più prezioso che faccia alla Nazione e a se stesso il sovrano, che lo rende depositario e custode delle sante leggi"). Un'impostazione di tipo garantistico dunque, contraria a pratiche quali la tortura ("una crudeltà consacrata all'uso", e ancora "il mezzo più sicuro per assolvere i robusti scellerati e condannare i deboli innocenti"), la gogna, il marchio, l'equiparazione del tentativo alla consumazione.
Abbiamo detto mercoledì dell'impulso utilitarista che muove la riforma .."Tutto il complesso della legislazione,scrive Helvetius,consiste nel forzare gli uomini ad essere giusti con gli altri per il sentimento del proprio egoismo".Con i suoi sistemi di ricompense e di sanzioni,la legislazione fa leva sull'utilitarismo dei moventi umani per forzarli ad oltrepassare il loro individualismo e proiettarli in una visione più ampia. Su queste basi Beccaria affronta il problema del diritto di punire.Egli vede nell'interesse il criterio che deve regolare la convivenza civile e ispirare l'opera del governo:la massimizzazione dell'utilità va però perseguita nel rispetto della legittimità,dei diritti inviolabili del singolo e della "natura del cuore umano".Il diritto di punire è esercitato in nonme della volontà popolare,la sua fonte è il contratto sociale (Rousseau),ma ciò che si cede è una piccola porzione dei propri diritti naturali e della proprie libertà: "....tutto il di più è abuso e non giustizia,è fatto ,ma non già diritto". continua...
La civiltà di un paese si misura sul grado di civiltà delle sue leggi penali...si ha giustizia e non arbitrio se le leggi positive rispettano alcuni requisiti:la certezza,l'unicità,l'universalità,l'univocità e la chiarezza del diritto;la penaè pertanto uno strumento di difesa solciale non una vendetta pubblica che surroga una vendetta privata. La supposta capacità di dissuasione della pena capitale non ha riscontro nell'effettivo funzionamento della psiche umana. Nell'ottica dell'origine contrattuale dello stato,nessun cittadino può aver concesso al magistrato civile il diritto di punire con la morte. Se sussiste la società civile,la pena capitale non è necessaria;se se ne ravvisa la necessità ,lo stato civile non sussiste più e si è verificato un regresso allo stato di natura. continua...
Altrettanto inumana ,la tortura è fonte non di prova,ma di errori giudiziari:gli innocenti che non la sopportano confessano infatti colpe non commesse,mentre i colpevoli che sanno sopportarla riescono a non confessare. A proposito di Codificazioni ...In Italia Leopoldo I di Toscana con il codice del 1786 è il primo ad abolire la pena di morte ; Maria Teresa d'Asburgo non arrivò a tale risultato. Dalle opere "Il testo filosofico" e "Dialogos" entrambe di Cioffi , Luppi , Vigorelli , Zanette. Monica De Angelis
Vorrei lasciare una mia impressione diciamo storico-filosofica.da una weltanschauung di questo periodo che stiamo studiando il " modus agendi" dei pensatori mi sembra paragonabile a quanti espresso nella Prefazione alla Fenomenologia di Hegel (che vive a cavallo del XVIII e del XIX sec.). In questo cammino che porterà all'affermazione di diritti fondamentali, al superamento di pratiche e comportamenti ormai obsoleti, nonché alla codificazione, mi sembra di rintracciare un andamento dialettico per cui si giunge ad un risultato sulla base delle conquiste precedenti. In una visione dinamica, basata sulla legge del divenire, ogni autore si situa come un punto di partenza per il "successore", che rielaborando quanto espresso da chi lo ha preceduto permette, a dirla alla Hegel, lo svolgersi della storia del mondo, in questo caso la risposta ad una istanza di certezza del diritto nonché una evoluzione giuridica che segua i mutamenti avvenuti in ambito politico-istituzionale. E ogni passo in avanti si pone come superamento di ciò che lo precede, ma allo stesso tempo facendone tesoro e così in continuum. Un esempio su tutti il rapporto esistente tra giusnaturalismo,Muratori,Montesquieu e Beccaria.
sapete se il prof fa esoneri?? grazie raga
RispondiEliminaNon ci sono esoneri veri e propri. Alcuni studenti frequentanti saranno parzialmente giudicati sulla base della loro partecipazione al corso.
RispondiEliminaGli studenti che intendono iscriversi come frequentanti al corso, devono lasciare sul blog, entro la fine della settimana, il loro nome, cognome e indirizzo di posta elettronica.
RispondiEliminaMorena Sicignano e-mail: baila.mory@hotmail.it
RispondiEliminaAzzecca-garbugli è l'avvocato di Lecco,descritto dal Manzoni nel I PROMESSI SPOSI,chiamato così dai popolani per la sua capacità di sottrarre dai guai, non del tutto onestamente, le persone.Questo personaggio è caratterizzato anche dal fatto che preferisce stare dalla parte del più forte, per evitare una brutta fine.Il Manzoni lo descrive come un uomo apparentemente di legge molto erudito, nel suo studio è presente una notevole quantità di libri che tiene più come elementi decorativi che come materiale di studio, poichè in realtà non li consultava.Questa descrizione del Manzoni mette in luce una connotazione negativa e allo stesso tempo ridicola dell'avvocato.
RispondiEliminaLorenzo Di Dio
RispondiEliminaemail: lorenzo.didio@hotmail.it
Ma a lezione si vociferava che all'esame bisohna portare un sorta di tesi sull'argomento che si decide di approfondire,è una voce esatta o erronea???
RispondiEliminapenso che sia una voce erronea.comunque sto dietro a te.
RispondiEliminaMonica De Angelis: de.moni@libero.it
RispondiEliminaEleonora Fardellotti : eleonorafardellotti@libero.it
RispondiEliminaho trovato questo link su Muratori se vi può interessare, nel caso non trovaste il libro
http://www.classicitaliani.it/index193.htm
Ylenia Coronas e-mail: yle.coronas@tiscali.it
RispondiEliminaNon pensate che non sia un caso che Manzoni descriva il personaggio dell'avvocato Azzeccagarbugli facendolo rivolgere a Renzo,rappresentante di un ceto sociale più basso, con espressioni come "a saper ben maneggiare le gride, nessuno è reo e nessuno è innocente", ma che si potrebbe riconoscere in questo passo un accenno alla crisi del diritto comune come diritto diventato ormai di ampia interpretazione da parte di giudici e avvocati?
RispondiEliminaD'Angelo Serena
RispondiEliminadangelo.serena89@gmail.com
Rebecca Lentini: rebecca.lentini@hotmail.com
RispondiEliminaGIUSEPPE BELMONTE giuseppebelmonte88@gmail.com
RispondiEliminaMiriam Wright : mairim05@live.it
RispondiEliminaCHIARA CESARIO: chia.cesario@libero.it
RispondiEliminaGIORDANA DI GIOVANNI: giordana86@hotmail.it
RispondiEliminaLa diffusione della stampa a caratteri mobili per opera di Gutenberg ha mutato radicalmente l'impatto sulla società dei testi scritti, determinando il loro effettivo ingresso nel mercato e la loro circolazione, decisiva e fondamentale soprattutto all'interno del mondo giuridico.
RispondiEliminaIn questo modo il privilegio di possedere una propria biblioteca cui attingere, fino ad allora appannaggio di pochissimi, dati il costo spropositato ed il tempo impiegato di volta in volta per la copia di un'opera,è andato sempre più "democratizzandosi", consentendo ad un pubblico sempre più vasto di conoscere opere di cui esistevano al tempo pochissime copie, sovente anche difficili da reperire.
Come accennato a lezione ciò ha consentito di far conoscer meglio le fonti normative (esempio ne è la pubblicazione nel 1537 della “Lombarda”), ed al contempo ha permesso una maggior certezza del diritto, evitando interpolazioni e manomissioni dei testi, che, di fatto, una volta stampati erano finalmente in grado di circolare in copie uguali ed indistinte.
Tra gli effetti della diffusione della stampa anche quello della formazione di una nuova categoria di operatori, i collaboratori editoriali (fra cui ad es. Roffredo da Benevento, Odofredo, Iacopo d’Arena, Raniero Arrendi, Luca da Penne, etc), i quali non erano propriamente dei giuristi, ma si affiancavano all’editore, aiutandolo ed indirizzandone l’operato, nel senso della scelta dei testi da pubblicare, consentendo in questo modo anche ad opere antiche e minori di tornare alla luce e di uscire dall’oblio in cui erano cadute.
L’opera di tali collaboratori non si limitava ad un mero suggerimento all’editore su quale testo stampare o meno: essi corredavano i testi di note di aggiornamento (“adnotationes”), le quali avevano come scopo precipuo quello di adattare e rendere attuali opere di diritto comune risalenti di secoli.
Purtroppo costoro non sempre sono stati scrupolosi e spesso sono anch’essi caduti in errore, mandando in stampa opere attribuite all’autore sbagliato o peggio ancora titoli inventati o mal riportati (es. Bonifacio Vitalini ed il suo “Tractatus de maleficiis”).
Si è trattato dunque di una diffusione quantitativamente imponente, ma qualitativamente non di rado carente; ma ciò che rileva, a mio modestissimo parere, è pur sempre che vi sia stata una diffusione, che ha mutato profondamente il modus operandi del giurista, consentendogli di attingere ad un’inimmaginabile fino ad allora pluralità di fonti per la soluzione di controversie e situazioni concrete.
Tale cambiamento ha prodotto delle conseguenze anche sulla figura e sull’immagine degli avvocati del tempo, immagine emblematica è appunto quella dell’avvocato Azzeccagarbugli, descritto dal Manzoni come un personaggio quasi comico, deformazione dell’uomo di legge e di cultura, che affida il proprio successo agli artifici verbali e rituali di una sorta di ciarlatano; nelle parole di Agnese, egli è “una cima d’uomo”, cui occorre portar quattro capponi poichè “non bisogna mai andar con le mani vote da que’ signori”, in grado di dire su due piedi cose che ai comuni non verrebbero in testa, nemmeno a pensarci un anno.
Emblematica è la descrizione che il Manzoni fa dello studio dell’avvocato come di “uno stanzone, su tre pareti del quale eran distribuiti i ritratti de’ dodici Cesari; la quarta, coperta da un grande scaffale di libri vecchi e polverosi: nel mezzo una tavola gremita d’allegazioni, di suppliche, di libelli, di gride….”
continua
E della scena che fa l’avvocato, rispondendo al povero Renzo: “Caso serio figliuolo, caso contemplato. E’ un caso chiaro, contemplato in cento gride, e…appunto in una dell’anno scorso, dell’attuale signor governatore. Ora vi fo vedere e toccar con mano”.
RispondiEliminaProprio in questa risposta si riassume la conoscenza che l’avvocato pare e mostra di avere del caso attraverso decisioni simili, di cui ha a disposizione copia stampata, da sventolare agli occhi dell’ingenuo Renzo.
Analogo è quanto emerge dalle parole del Muratori: gli avvocati sono “sperti nel maneggio delle leggi, e pescatori di quelle ragioni, che possono assistere a chi s’appoggia al loro patrocinio.”
Il Muratori cita poi l’onestà e l’importanza dell’attività dei trattatisti e dei consulenti, non senza sottolineare quanto al tempo ormai si desse più importanza alle decisioni che alle leggi stesse:
“Senza dubbio maggiore stima è dovuta, nel regno della scienza legale, a i trattatisti, siccome gente non venale, e che per lo più con amore alla verità e giustizia sogliono trattare qualunque quistione, che appartenga al loro argomento, ed onoratamente schierarsi da quella banda, dove più credono trovarsi la ragione. Ne si credesse già, che impresa mirabile fosse il comporre uno di questi libri. Basta raccogliere quanto han detto tanti altri con varie o contrarie opinioni, e aderire ora ad una, ed ora ad un’altra: ed ecco in piedi l’edilizio. Il che dico io senza intenzion di pregiudicare ad alcuni eccellenti giurisconsulti, che con gran pesatezza di ragioni e fondamenti legali han compilato i loro trattati. Maggiore rispetto ancora esigono e meritano le decisioni nelle cause particolari, massimamente le provenienti da i più riguardevoli corpi collegiali. Ma per le ragioni altrove accennate, cioè per le contrarietà ed istabilità delle opinioni, che da i consulenti e ripetenti son passate ne i trattati, e nelle decisioni stesse, seguita tuttavia la confusione, trovando ogni avvocato in quella gran copia di libri, di che fortificar le pretensioni de’ suoi clienti. Il peggio è, che siam giunti a mirare, farsi più conto di queste decisioni, e de’ pareri de’ moderni dottori, che delle leggi stesse;” (CAPITOLO VIII, De’ pregi e difetti degli avvocati e d’altri ministri della giurisprudenza).
Da ultimo, la mia mente non può non andare agli avvocati ritratti da Honoré Daumier (conosciuti grazie al prof. Gary Watt, lo scorso anno!).
Colgo infine l’occasione per ringraziare Eleonora Fardellotti per aver indicato il link su Ludovico Antonio Muratori, è stata preziosissima, visto il problema che in biblioteca spesso e volentieri l’unica copia a disposizione di un’opera è o già in prestito o momentaneamente non disponibile!
Di seguito il mio contatto mail
manciniflavia@hotmail.it
A domani,
Flavia Mancini
Michele Gallante : michele.gallante@gmail.com
RispondiEliminaVeronica Di Tullio: virudt88@gmail.com
RispondiEliminaALESSIA GUAITOLI
RispondiEliminaalessiaguaitoli@alice.it
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RispondiEliminavalentinatonnicchi@gmail.com
RispondiEliminaCHIARA MELE
RispondiEliminamele.chiara@hotmail.com
MURATORI VS AZZECCAGARBUGLI
RispondiEliminaMuratori fu un protagonista di spicco della vita culturale europea. Studioso infaticabile e operoso fino alla morte, impresse una scossa, un rinnovamento al mondo intellettuale degli inizi del ‘700.Laureatosi in giurisprudenza senza però che gli studi giuridici gli avessero acceso alcuna passione,divise la sua vita tra l’impegno sacerdotale,i libri,i documenti antichi e le occupazioni letterarie.Nel 1742 usciva il trattato "Dei difetti della giurisprudenza",realizzato per lanciare un sasso: scritto in italiano e accompagnato da una lettera dedicatoria a Benedetto XIV(eletto Papa nel 1740),si rivolgeva direttamente all’opinione pubblica per denunciare i mali della giustizia,individuati nella proliferazione incontrollata delle opinioni degli interpreti,nella incertezza delle regole, nella lunghezza dei processi e,in definitiva, nell’arbitrarietà con cui il diritto veniva amministrato.Con tale opera,inoltre,Muratori proponeva come rimedio a questa situazione, l’intervento del sovrano affinché decidesse almeno le più frequenti controversie dubbie raccogliendo le relative soluzioni normative in un “codice”.Nella prima parte del trattato Muratori sferra un attacco contro la selva degli interpreti,continuamente discordi tra loro eppure assunti come oracoli per decidere le controversie,e contro i giudici,accusati di rendere le sentenze secondo la borsa o lo status degli interessati,secondo i rapporti di amicizia o di conoscenza o magari a caso. Muratori auspica allora l’intervento del sovrano,sia nell’apprestare un codice(nel senso in cui si è detto),sia nel reclutare i giudici, insistendo sulla necessità che siano soprattutto dei timorati di Dio,affinché agiscano con coscienza pura.
Muratori denuncia quindi un sistema che non funziona,macchiato dalla confusione e dalla corruzione.Cosa simile fa Manzoni ne "IPromessi Sposi".Attraverso la descrizione del dottor Azzeccagarbugli,infatti,ci fornisce una descrizione negativa e ridicola della figura dell’avvocato.
Azzeccagarbugli è un leguleio da strapazzo ma abile ad ordire garbugli per imbrogliare cose e persone. Viene chiamato così dai popolani per la sua capacità di sottrarre dai guai,non del tutto onestamente,le persone.Porta una toga che funge da veste da camera e ha un bel naso rosso,sintomo del vizietto del bere.Ha inoltre una forte propensione a scegliere la strada più facile.Spesso e volentieri,infatti,aiuta i Bravi, poiché, come Don Abbondio, preferisce stare dalla parte del più forte. Lo sappiamo: l’apparenza inganna! La quantità notevole di libri (polverosi) presenti nel suo studio e la scrivania cosparsa di “scartoffie”, ce lo fanno immaginare come un uomo assai erudito. In realtà i libri fungono più da elementi decorativi che da materiale di studio!
Veronica Cancellara: veronica.cancellara@hotmail.it
RispondiElimina-Rapporto tra A. Manzoni e la giustizia: Nei Promessi Sposi Manzoni pone l'attenzione e la critica alla giustizia del '600. Nei primi 6 capitoli dell'opera viene nominata la giustizia, e messa in luce sotto il suo
aspetto negativo. E' un romanzo nel quale egli riflette quella che era la situazione politico-culturale dell'epoca. L'Italia è sotto il dominio spagnolo, e nei diversi comuni la giustizia era piuttosto arbitraria, ed era nelle mani dei più potenti. Le vittime di questo sistema erano i più bisognosi.
In particolare nel III capitolo si può scorgere quella che molto probabilmente era la quotidianità della "giustizia dell'epoca". In questo capitolo Manzoni descrive la figura di un avvocato, Azzeccagarbugli. E quando Renzo si reca presso l'avvocato per trovare soluzione al suo problema, abbiamo due reazioni da parte di Azzeccagarbugli: a) Crede che Renzo sia uno dei bravi, e quindi è ben disposto ad aiutarlo. Tant'è che nella sua stanza (con un tavolo al centro ricoperto di allegazioni, suppliche, libelli, grida...e qui si nota come a quell'epoca gli avvocati ricorressero ad innumerevoli fonti per risolvere i casi che gli si proponevano.)Azzeccargabugli è ben lieto di annunciare che ha la soluzione, con una "grida fresca", e legge il documento: << [...] E cominciando dagli atti tirannici, mostrando l'esperienza che molti, così nelle Città, come nelle Ville, di questo Stato, con tirannide esercitano concussioni et opprimono i più deboli in varii modi, come in operare che si facciano contratti violenti di compre, d'affitti... che seguano o non seguano matrimonii [...] et altre simili violenze, quali seguono da feudatarii, nobili, mediocri, vili, et plebei [...], ordina e comanda che contra li contravventori in qualsivoglia dei suddetti capi, o altro simile, si proceda da tutti li giudici ordinarii di questo Stato a pena pecuniaria e corporale, ancora di relegatione o di galera, e fino alla morte, all'arbitrio dell'Eccellenza Sua, o del Senato, secondo la qualità dei casi, persone e circostanze.>> Da questa lettura egli sa come aiutare Renzo,ma b)quando scopre che è una vittima, lo caccia di malo modo.
Azzeccagrbugli è servo del potere e del suo amico don Rodrigo. Ed è proprio qui che viene in risalto come la giustizia era gestita dai "signorotti locali", i quali governavano attraverso le grida, ed erano protetti dai bravi, i quali si ponevano anch'essi al di sopra della legge.
Quindi si evince come le istituzioni non negavano le leggi o le punizioni, ma erano gestite in modo arbitrario. Manzoni denuncia una società aristocratico-feudale, dove non c'è il cittadino e la necessità di dare una garanzia a questi, ma ci sono solo sudditi.
C'è un pessimismo giuridico; la società è retta da una "ingiustizia organizzata". Azzeccagarbugli è al servizio di questa ingiustizia, e questo anche perchè manca un potere statale fondato su un sicuro sitema di leggi che si imponga ai nobili, e alla loro tendenza a non sottostare all'autorità dello stato. Manzoni vuole una società dove tutti sono uguali, con gli stessi diritti e doveri, dove c'è l'abolizione dei privilegi che causano un potere dispotico e anarchico allo stesso tempo.
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RispondiEliminaDANIELA COLOZZI
RispondiEliminadanielacolozzi@libero.it
Carolina Saraz
RispondiEliminacarolinasaraz@hotmail.com
LA FIGURA DELL'AZZECCAGARBUGLI
questo personaggio denominato come il "trovaimbrogli" ha parlato molto poco di se nel romanzo di Manzoni,ma è introdotto da una reputazione colorita e interessante.
Riflette in pieno la concezione che Manzoni ha della figura dell'avvocato e più in generale della giustizia del 600'. Infatti apparentemente l'azzeccagarbugli è un uomo di legge molto erudito, nel suo studio è presente una notevole quantità di libri che tiene più come elementi decorativi che come materiale di studio. Il suo tavolo invece è cosparso di fogli che impressionavano gli abitanti del paese che vi si recavano. In realtà non consulta libri da molti anni addietro, quando andava a Milano per qualche causa d'importanza.Fisicamente è definito da Manzoni come un uomo di media età, alto, asciutto, pelato, col naso rosso ed una voglia di lampone sul viso, noto simbolo del vizio del bere. Porta una toga che funge da veste da camera. Questa descrizione mette in luce una connotazione negativa e allo stesso tempo ridicola dell'avvocato.
Durante il colloquio con Renzo c'è poi una frase che rende bene la bassa levatura morale dell'avvocato :egli dice "all'avvocato bisogna raccontare le cose chiare e a noi tocca poi imbrogliarle".
Mette in luce poi tutta la sua viltà appena Renzo nomina Don Rodrigo, cacciando il giovane dal proprio studio: Manzoni sottolinea infatti come l'avvocato preferisca di gran lunga star dalla parte dei forti,più che prendere le difese della parte lesa.
Giulia Onesti e-mail : giulia.onesti@virgilio.it
RispondiEliminaLa figura di Azzeccagarbugli :
RispondiEliminae' un avvocato trasandato dall'animo un pò meschino, al servizio dei potenti, e per questo nella storia è un aiutante dell'antagonista (don Rodrigo). Simboleggia la manipolazione della legge e la difesa dei singoli potenti. Ci viene descritto nel III capitolo, in cui si affronta il problema della società civile : la Giustizia. Azzeccagarbugli è un miserabile, e Manzoni ce lo fa capire soprattutto descrivendoci ciò che lo circonda e il suo comportamento, da cui trapela la sua miseria morale.
ELISA GUARDIANI
RispondiEliminaelisa.guardiani@hotmail.com
Nel poema manzoniano uno dei temi percorsi dall'autore e' quello della giustizia(o forse meglio dell'ingiustizia) nel 1600.Sin dalle primissime pagine dell'opera il Manzoni ci presenta una societa' violenta, dove le questioni, per dirla con Don Abbondio "non si discutono in termini di torto o ragione, ma in termini di forza".
In particolare,nel capitolo terzo viene introdotta la figura apparentemente marginale dell'Azzeccagarbugli..dico apparentemente, perche' in realta' proprio attraverso questo personaggio ci e' permesso di capire la drammatica situazione che avvolgeva il sistema giudiziario dell'epoca..Il rifiuto dell' avvocato alla richiesta di aiuto da parte di Renzo, non appena il primo ha scoperto che dietro tutta la faccenda espostagli dal popolano c'era un uomo cosi' potente quale Don Rodrigo, ci fa capire come anche gli uomini che erano chiamati a servire e garantire la legalita' furono piegati al servizio della meschinita'..Cio' che interessava all' Azzeccagarbugli era solo di assicurarsi il favore di Don Rodrigo e dei signorotti come lui..e di ottenere un posto alla loro tavola..non importa se per questo egli doveva calpestare i valori di cui avrebbe dovuto essere il protettore.Possiamo notare la grande abilita' dell'autore,il quale non offre apertamente il suo giudizio ma attraverso la descrizione dell'aspetto fisico ma anche dello studio dell'avvocato ci fa capire la sua miseria morale indubbiamente da condannare.
PER GLI STUDENTI:
RispondiEliminaVolevo informarvi che il capitolo VII del testo, indicato dal professore, su "Illuminismo e Diritto", è disponibile presso la copisteria ad angolo vicino a libropoli, a cui abbiamo lasciato una copia per eventuali fotocopie.
Valeria Chianello e-mail: chianello.valeria@gmail.com
RispondiEliminaANGELA DEL BENE
RispondiEliminadelbene.angela88@gmail.com
Fabrizio Del Gobbo
RispondiEliminae-mail: delgobbo.fabrizio@gmail.com
Claudia Zennaro
RispondiEliminaemail: zennaro.claudia@hotmail.it
Brava Eleonora,è una bella iniziativa. Così si può creare una base comune di partenza per una discussione. Almeno per gli "illuministi" del gruppo. Tenete presente che a questo tema saranno dedicate le lezioni della prossima settimana.
RispondiEliminaPS Ricordate che sabato si chiudono le iscrizioni al gruppo dei frequentanti
ilaria lucchetti e-mail ila1702@hotmail.it
RispondiEliminaNel clima illuministico di riforma troviamo grandi innovazioni in campo giuridico,ideologico e ,di conseguenza dall'applicazione di quest' ultime, sociale.
RispondiEliminaPer esempio per quanto riguarda il diritto penale una importante testimonianza al riguardo è l'opera 'Dei delitti e delle pene' (1764) di Cesare Beccaria, ove l'autore propone l'adeguamento della pena in base alla pericolosità sociale e l'abolizione della pena di morte.
L'opera ebbe una grande diffusione ed a soli due anni di distanza dall'uscita della prima edizione italiana, il frontespizio di un'edizione uscita ad Haarlem nei Paesi Bassi, riportava un'immagine alquanto significativa. Si tratta di un'allegoria della 'Giustizia' rappresentata da una figura femminile che rifiuta la violenza dei giustizieri.Di fronte alla donna vediamo un uomo con in una mano una spada, e nell'altra tre teste di uomini condannati. La 'Giustizia' di fronte a quest'offerta guarda altrove ed alza le mani come per allontanare lo scempio di una simile crudeltà.
Con l'eliminazione della tortura fra i mezzi per ottenere prove nel processo e la nuova definizione di 'delitto', che trova ragion d'essere solo nei casi di effettivi danni alla società od ai suoi membri, si giunge ad una grandissima svolta in merito alla libertà personale,specialmente quella d'espressione.
Basti pensare all'eresia,fenomeno che sin dall'antichità le autorità politiche ed ecclesiastiche hanno voluto condannare(dall'eresia ariana a quella luterana).
"(...)Il saggio Galileo diede un'occhiata al cielo e disse: "Nella Genesi non c'è nulla di vero!"Bel coraggio! Non è cosa da poco:oggi queste eresie si diffondono come malattie.Che resta , se si cambia la Scrittura? (...) Se certe idee fan presa,gente mia,cosa può capitare?Non ci saranno più chierici alla messa,le serve il letto non vorran più fare...Brutta storia! Non è cosa da poco:il libero pensiero è attaccaticcio come un'epidemia.Dolce è la vita,l'uomo irragionevole,e tanto per cambiare far quel che ci talenta è assai piacevole!(...)"
"(...) -Galileo:Ho terminato i "Discorsi".
-Andrea: Che? I "Discorsi su due nuove scienze:la meccanica e la caduta dei gravi"?Qui?
-Galileo: Oh, mi concedono l'uso di carta e penna. I miei superiori non sono degli sciocchi:sanno che i vizi radicati non si abbandonano da un momento all'altro. E mi proteggono da ogni spiacevole conseguenza col farsi consegnare ogni pagina che scrivo.
-Andrea: Dio mio! (...)"
Bertold Brecht, 'Vita di Galileo' (drammatizzazione in quindici scene della carriera del grande scienziato toscano Galileo Galilei)
Sicuramente è anche grazie a questo tipo di evoluzione(dall'eresia alla libertà d'espressione,dall'eccessiva violenza nel sistema giudiziario all'abolizione della pena di morte)che trovano riconoscimento le riflessioni di grandi scrittori come Manzoni e Boccaccio.
RispondiEliminaManzoni che nell'opera 'I promessi sposi' ci descrive ironicamente la figura dell'avvocato 'Azzecca-garbugli',un uomo tanto conosciuto ed ammirato dal popolo che è in realtà incompetente ed affetto dai malcostumi (come quello del bere).
Con Boccaccio invece,troviamo nel 'Decameron', un passaggio in cui l'autore evidenzia l'ideologia meritocratica.
In un semplice dialogo tra i due personaggi,il giureconsulto Forese da Rabatta ed il prestigioso pittore Giotto,dimostra come non sia la posizione sociale a qualificare l'intelligenza di un uomo.
Infatti nonostante il pittore sia considerato inferiore perché,pur essendo un intellettuale,lavora manualmente e viene dunque accomunato ai lavoratori 'meccanici', il personaggio di Giotto riesce a ridurre in silenzio Forese rispondendo ai suoi attacchi e dimostrandogli i suoi errori.
Possiamo quindi concludere, sottolineando nuovamente la grandezza e l'enorme impatto che le idee illuministiche e letterarie in generale ,hanno avuto sulla società e sulle regole comportamentali che oggi la disciplinano.
Elena Forzano elenaforzano@gmail.com
E' indubbio che le radici politiche e culturali del moderno diritto penale possano rinvenirsi nel pensiero illuminista, che per un verso, ha posto quelle basi e quei principi fondamentali che ancora oggi caratterizzano il nostro sistema penale, per altro verso, ha stabilito una svolta rispetto al sistema dell'Ancién Régime. Fino alla metà del XVIII sec. infatti, non può riconoscersi un sistema dei delitti e delle pene chiaro ed omogeneo, sotto i profili della certezza della definizione normativa, dell'apprestamento di adeguati strumenti processuali, o dal punto di vista sanzionatorio. L'assenza di reati normativamente definiti con certezza (a fronte del primato di fonti principali come la consuetudine e la discrezionalità dell'organo giudicante), accanto all'arbitrio e alla brutalità che contrassegnavano l'esecuzione delle pene, delineavano un'irrazionalità che cominciò ad essere contrastata da un diritto naturale, volto a sganciarsi dalla classica concezione retributiva e morale del "Punitur quia peccatum est", secondo il principio della restitutio iuris. In Italia questi germogli fioriscono con Cesare Beccaria, il quale nell'opera "Dei delitti e delle pene", afferma non solo la necessità di proporzionare la pena al delitto commesso (un delitto la cui misura è il "danno fatto alla Nazione", e che viene privato di qualsiasi connotazione morale), ma anche la necessità di ancorare a leggi sicure e certe la previsione dei delitti e l'individuazione delle pene, secondo uno schema utilitaristico e razionale ("perché ogni pena non sia la violenza di uno o di molti contro un privato cittadino, dev'essere essenzialmente pubblica, pronta, necessaria, la minima delle possibili nelle date circostanze, proporzionata 'a delitti, dettata dalle Leggi"). Beccaria non si riferisce a quegli "avanzi di leggi di un antico popolo conquistatore (...) frammischiate poscia co' riti longobardi", ma ad un sistema di tipo garantistico che permetta di realizzare quello che viene definito come fine principale della legislazione, ossia la prevenzione dei delitti stessi ("è meglio prevenire i delitti che punirgli"), tramite le Scienze, ossia facendo sì che i lumi accompagnino le libertà ("un uomo illuminato è il dono più prezioso che faccia alla Nazione e a se stesso il sovrano, che lo rende depositario e custode delle sante leggi"). Un'impostazione di tipo garantistico dunque, contraria a pratiche quali la tortura ("una crudeltà consacrata all'uso", e ancora "il mezzo più sicuro per assolvere i robusti scellerati e condannare i deboli innocenti"), la gogna, il marchio, l'equiparazione del tentativo alla consumazione.
RispondiEliminaAlessia Guaitoli
Flavia Quitadamo
RispondiEliminaflavia.quita@gmail.com
.
RispondiEliminaAbbiamo detto mercoledì dell'impulso utilitarista che muove la riforma .."Tutto il complesso della legislazione,scrive Helvetius,consiste nel forzare gli uomini ad essere giusti con gli altri per il sentimento del proprio egoismo".Con i suoi sistemi di ricompense e di sanzioni,la legislazione fa leva sull'utilitarismo dei moventi umani per forzarli ad oltrepassare il loro individualismo e proiettarli in una visione più ampia.
RispondiEliminaSu queste basi Beccaria affronta il problema del diritto di punire.Egli vede nell'interesse il criterio che deve regolare la convivenza civile e ispirare l'opera del governo:la massimizzazione dell'utilità va però perseguita nel rispetto della legittimità,dei diritti inviolabili del singolo e della "natura del cuore umano".Il diritto di punire è esercitato in nonme della volontà popolare,la sua fonte è il contratto sociale (Rousseau),ma ciò che si cede è una piccola porzione dei propri diritti naturali e della proprie libertà: "....tutto il di più è abuso e non giustizia,è fatto ,ma non già diritto".
continua...
La civiltà di un paese si misura sul grado di civiltà delle sue leggi penali...si ha giustizia e non arbitrio se le leggi positive rispettano alcuni requisiti:la certezza,l'unicità,l'universalità,l'univocità e la chiarezza del diritto;la penaè pertanto uno strumento di difesa solciale non una vendetta pubblica che surroga una vendetta privata.
RispondiEliminaLa supposta capacità di dissuasione della pena capitale non ha riscontro nell'effettivo funzionamento della psiche umana. Nell'ottica dell'origine contrattuale dello stato,nessun cittadino può aver concesso al magistrato civile il diritto di punire con la morte. Se sussiste la società civile,la pena capitale non è necessaria;se se ne ravvisa la necessità ,lo stato civile non sussiste più e si è verificato un regresso allo stato di natura.
continua...
Altrettanto inumana ,la tortura è fonte non di prova,ma di errori giudiziari:gli innocenti che non la sopportano confessano infatti colpe non commesse,mentre i colpevoli che sanno sopportarla riescono a non confessare.
RispondiEliminaA proposito di Codificazioni ...In Italia Leopoldo I di Toscana con il codice del 1786 è il primo ad abolire la pena di morte ; Maria Teresa d'Asburgo non arrivò a tale risultato.
Dalle opere "Il testo filosofico" e "Dialogos" entrambe di Cioffi , Luppi , Vigorelli , Zanette.
Monica De Angelis
Vorrei lasciare una mia impressione diciamo storico-filosofica.da una weltanschauung di questo periodo che stiamo studiando il " modus agendi" dei pensatori mi sembra paragonabile a quanti espresso nella Prefazione alla Fenomenologia di Hegel (che vive a cavallo del XVIII e del XIX sec.). In questo cammino che porterà all'affermazione di diritti fondamentali, al superamento di pratiche e comportamenti ormai obsoleti, nonché alla codificazione, mi sembra di rintracciare un andamento dialettico per cui si giunge ad un risultato sulla base delle conquiste precedenti. In una visione dinamica, basata sulla legge del divenire, ogni autore si situa come un punto di partenza per il "successore", che rielaborando quanto espresso da chi lo ha preceduto permette, a dirla alla Hegel, lo svolgersi della storia del mondo, in questo caso la risposta ad una istanza di certezza del diritto nonché una evoluzione giuridica che segua i mutamenti avvenuti in ambito politico-istituzionale. E ogni passo in avanti si pone come superamento di ciò che lo precede, ma allo stesso tempo facendone tesoro e così in continuum. Un esempio su tutti il rapporto esistente tra giusnaturalismo,Muratori,Montesquieu e Beccaria.
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